Page 1085 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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Bologna dove venne Ippolito de' Medici cardinale et il duca Alessandro,
parve a Baccio d'andare a baciare i piedi a Sua Santità, e portò seco un
quadro alto un braccio e largo uno e mezzo d'un Cristo battuto alla colonna
da due ignudi, il quale era di mezzo rilievo e molto ben lavorato. Donò

questo quadro al Papa, insieme con una medaglia del ritratto di Sua
Santità, la quale aveva fatta fare a Francesco dal Prato suo amicissimo; il
rovescio della quale medaglia era Cristo flagellato. Fu accetto il dono a Sua
Santità, alla quale espose Baccio gl'impedimenti e le noie avute nel finire il

suo Ercole, pregandola che col duca operasse di dargli commodità di
condurlo al fine, et aggiugneva che era invidiato et odiato in quella città, et
essendo terribile di lingua e d'ingegno, persuase il Papa a fare che 'l duca
Alessandro si pigliasse cura che l'opera di Baccio si conducesse a fine e si

ponesse al luogo suo in piazza.
Era morto Michelagnolo orefice, padre di Baccio, il quale avendo in vita

preso a fare con ordine del Papa, per gli Operai di Santa Maria del Fiore,
una croce grandissima d'argento tutta piena di storie di basso rilievo della
passione di Cristo, della quale croce Baccio aveva fatto le figure e storie di
cera per formarle d'argento, l'aveva Michelagnolo morendo lasciata

imperfetta, et avendola Baccio in mano con molte libbre d'argento, cercava
che Sua Santità desse a finire questa croce a Francesco dal Prato, che era
andato seco a Bologna. Dove il Papa, considerando che Baccio voleva non
solo ritrarsi delle fatture del padre, ma avanzare nelle fatiche di Francesco

qualche cosa, ordinò a Baccio che l'argento e le storie abbozzate e le finite
si dessino agli Operai e si saldasse il conto e che gli Operai fondessero
tutto l'argento di detta croce, per servirsene ne' bisogni della chiesa stata
spogliata de' suoi ornamenti nel tempo dell'assedio; et a Baccio fece dare

fiorini cento d'oro e lettere di favore acciò tornando a Firenze desse
compimento all'opera del gigante. Mentre che Baccio era in Bologna, il
cardinale Doria lo 'ntese che egli era per partirsi di corto: per che trovatolo
a posta, con molte grida e con parole ingiuriose lo minacciò, perciò che

aveva mancato alla fede sua et al debito, non dando fine alla statua del
principe Doria, ma lasciandola a Carrara abbozzata, avendone presi
cinquecento scudi, per la qual cosa disse che se Andrea lo potesse avere in
mano, gliene farebbe scontare alla galea. Baccio umilmente e con buone

parole si difese, dicendo che aveva avuto giusto impedimento, ma che in
Firenze aveva un marmo della medesima altezza, del quale aveva
disegnato di cavarne quella figura, e che tosto cavata e fatta, la
manderebbe a Genova. E seppe sì ben dire e raccomandarsi, che ebbe

tempo a levarsi dinanzi al cardinale. Dopo questo, tornato a Firenze e fatto
mettere mano allo imbasamento del gigante e lavorando lui di continovo
l'anno 1534, lo finì del tutto. Ma il duca Alessandro, per la mala relazione
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