Page 1107 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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VITA DI GIULIANO BUGIARDINI PITTORE FIORENTINO



Erano innanzi all'assedio di Fiorenza in sì gran numero multiplicati
gl'uomini, che i borghi lunghissimi che erano fuori di ciascuna porta,
insieme con le chiese, munisteri e spedali, erano quasi un'altra città abitata

da molte orrevoli persone, e da buoni artefici di tutte le sorti, come che per
lo più fussero meno agiati che quelli della città e là si stessero con manco
spese di gabelle e d'altro. In uno di questi sobborghi adunque fuori della

porta a Faenza nacque Giuliano Bugiardini, e sì come avevano fatto i suoi
passati, vi abitò all'anno 1529, che tutti furono rovinati. Ma innanzi,
essendo giovinetto, il principio de' suoi studii fu nel giardino de' Medici in
sulla piazza di San Marco, nel quale seguitando d'imparare l'arte sotto
Bertoldo scultore, prese amicizia e tanta stretta familiarità con

Michelagnolo Buonarroti, che poi fu sempre da lui molto amato. Il che fece
Michelagnolo non tanto perché vedesse in Giuliano una profonda maniera
di disegnare, quanto una grandissima diligenza et amore che portava

all'arte. Era in Giuliano oltre ciò una certa bontà naturale et un certo
semplice modo di vivere senza malignità o invidia che infinitamente
piaceva al Buonarroto, né alcun notabile difetto fu in costui se non che
troppo amava l'opere che egli stesso faceva. E se bene in questo peccano
comunemente tutti gl'uomini, egli nel vero passava il segno, o la molta

fatica e diligenza che metteva in lavorarle o altra qual si fusse di ciò la
cagione, onde Michelagnolo usava di chiamarlo beato, poi che pareva si
contentasse di quello che sapeva, e se stesso infelice, che mai di niuna sua

opera pienamente si sodisfaceva.
Dopo che ebbe un pezzo atteso al disegno Giuliano nel detto giardino,
stette pur insieme col Buonarruoti e col Granacci, con Domenico Grillandai

quando faceva la cappella di Santa Maria Novella. Dopo, cresciuto e fatto
assai ragionevole maestro, si ridusse a lavorare in compagnia di Mariotto
Albertinelli in Gualfonda, nel qual luogo finì una tavola che oggi è

all'entrata della porta di Santa Maria Maggiore di Firenze, dentro la quale è
un Santo Alberto frate carmelitano, che ha sotto i piedi il diavolo in forma
di donna, che fu opera molto lodata. Solevasi in Firenze avanti l'assedio del
1530, nel sepellire i morti che erano nobili e di parentado, portare innanzi
al cataletto, appiccati intorno a una tavola la quale portava in capo un

facchino, una filza di drapelloni, i quali poi rimanevano alla chiesa per
memoria del defunto e della famiglia. Quando dunque morì Cosimo Rucellai
il vecchio, Bernardo e Palla suoi figliuoli pensarono per far cosa nuova di

non far drapelloni, ma in quel cambio una bandiera quadra di quattro
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