Page 1149 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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ritratto molto lodato da ognuno, il duca Alessandro avendo fatto intendere
a Iacopo che voleva da lui essere ritratto in un quadro grande, Iacopo per
più commodità lo ritrasse per allora in un quadretto grande quanto un
foglio di carta mezzana con tanta diligenza e studio, che l'opere de'
miniatori non hanno che fare alcuna cosa con questa; perciò che, oltre al
somigliare benissimo, è in quella testa tutto quello che si può disiderare in
una rarissima pittura. Dal quale quadretto, che è oggi in guardaroba del
duca Cosimo, ritrasse poi Iacopo il medesimo Duca in un quadro grande
con uno stile in mano disegnando la testa d'una femina, il quale ritratto
maggiore donò poi esso duca Alessandro alla signora Taddea Malespina
sorella della marchesa di Massa. Per quest'opere disegnando il Duca di
volere ad ogni modo riconoscere liberamente la virtù di Iacopo, gli fece
dire da Niccolò da Montaguto suo servitore che dimandasse quello che
voleva che sarebbe compiaciuto. Ma fu tanta, non so se io mi debba dire la
pusillanimità o il troppo rispetto e modestia di quest'uomo, che non chiese
se non tanti danari quanto gli bastassero a riscuotere una cappa che
egl'aveva al presto impegnata. Il che avendo udito il Duca, non senza
ridersi di quell'uomo così fatto, gli fece dare cinquanta scudi d'oro et
offerire provisione, et anche durò fatica Niccolò a fare che gl'accettasse.
Avendo in tanto finito Iacopo di dipignere la Venere dal cartone del
Bettino, la quale riuscì cosa miracolosa, ella non fu data a esso Bettino per
quel pregio che Iacopo gliela avea promessa, ma da certi furagrazie, per
far male a Bettino, levata di mano a Iacopo quasi per forza e data al duca
Alessandro, rendendo il suo cartone al Bettino. La qual cosa avendo intesa
Michelagnolo n'ebbe dispiacere per amor dell'amico a cui avea fatto il
cartone, e ne volle male a Iacopo, il quale se bene n'ebbe dal Duca
cinquanta scudi, non però si può dire che facesse fraude al Bettino, avendo
dato la Venere per comandamento di chi gl'era signore, ma di tutto dicono
alcuni, che fu in gran parte cagione, per volerne troppo, l'istesso Bettino.
Venuta dunque occasione al Puntormo, mediante questi danari, di mettere
mano ad acconciare la sua casa, diede principio a murare, ma non fece
cosa di molta importanza. Anzi, se bene alcuni affermano che egli aveva
animo di spendervi secondo lo stato suo grossamente e fare una abitazione
comoda e che avesse qualche disegno, si vede nondimeno che quello che
fece, o venisse ciò dal non avere il modo da spendere o da altra cagione,
ha più tosto cera di casamento da uomo fantastico e soletario che di ben
considerata abitura: conciò sia che alla stanza dove stava a dormire e tal
volta a lavorare si saliva per una scala di legno, la quale entrato che egli
era, tirava su con una carrucola, a ciò niuno potesse salire da lui senza sua
voglia o saputa. Ma quello che più in lui dispiaceva agl'uomini si era che
non voleva lavorare se non quando et a chi gli piaceva, et a suo capriccio;