Page 116 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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piè sopra la porta principale e intorno all'occhio della chiesa, fece
l'ascendere di lei in cielo, e lo Spirito Santo che discende sopra gl'Apostoli.
La qual opera veramente grandissima e ricca e benissimo condotta
dovette, per mio giudizio, fare in quei tempi stupire il mondo, essendo

massimamente stata la pittura tanto tempo in tanta cecità; et a me, che
l'anno 1563 la rividi, parve bellissima, pensando come in tante tenebre
potesse veder Cimabue tanto lume. Ma di tutte queste pitture (al che si
deve aver considerazione) quelle delle volte, come meno dalla polvere e

dagl'altri accidenti offese, si sono molto meglio che l'altre conservate.
Finite queste opere, mise mano Giovanni a dipignere le facciate di sotto,
cioè quelle che sono dalle finestre in giù, e vi fece alcune cose; ma
essendo a Firenze da alcune sue bisogne chiamato, non seguitò altramente

il lavoro, ma lo finì, come al suo luogo si dirà, Giotto molti anni dopo.
Tornato, dunque, Cimabue a Firenze, dipinse nel chiostro di S. Spirito, dove

è dipinto alla greca da altri maestri tutta la banda di verso la chiesa, tre
archetti di sua mano della vita di Cristo, e certo con molto disegno. E nel
medesimo tempo mandò alcune cose da sé lavorate in Firenze a Empoli, le
quali ancor oggi sono nella Pieve di quel castello tenute in gran

venerazione. Fece poi per la chiesa di Santa Maria Novella la tavola di
Nostra Donna, che è posta in alto fra la capella de' Rucellai e quella de'
Bardi da Vernia; la qual opera fu di maggior grandezza, che figura che
fusse stata fatta insin a quel tempo; et alcuni Angeli che le sono intorno,

mostrano, ancor che egli avesse la maniera greca, che s'andò accostando
in parte al lineamento e modo della moderna, onde fu questa opera di
tanta maraviglia ne' popoli di quell'età, per non si esser veduto insino
allora meglio, che da casa di Cimabue fu con molta festa e con le trombe,

alla chiesa portata con solennissima processione, et egli perciò molto
premiato et onorato. Dicesi, et in certi ricordi di vecchi pittori si legge, che
mentre Cimabue la detta tavola dipigneva in certi orti appresso porta S.
Piero, che passò il re Carlo il vecchio d'Angiò per Firenze, e che fra le molte

accoglienze fattegli dagli uomini di questa città, e' lo condussero a vedere
la tavola di Cimabue, e che per non essere ancora stata veduta da
nessuno, nel mostrarsi al Re vi concorsero tutti gli uomini e tutte le donne
di Firenze, con grandissima festa e con la maggior calca del mondo.

Laonde per l'allegrezza che n'ebbero i vicini, chiamarono quel luogo Borgo
Allegri, il quale col tempo messo fra le mura della città, ha poi sempre
ritenuto il medesimo nome.

In S. Francesco di Pisa, dove egli lavorò, come si è detto di sopra, alcune
altre cose, è di mano di Cimabue nel chiostro allato alla porta che entra in

chiesa in un cantone una tavolina a tempera, nella quale è un Cristo in
croce con alcuni Angeli attorno, i quali piangendo pigliano con le mani
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