Page 1238 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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VITA DI RIDOLFO, DAVIT E BENEDETTO GRILLANDAI PITTORI

FIORENTINI


Ancor che non paia in un certo modo possibile che chi va imitando e
seguita le vestigia d'alcun uomo eccellente nelle nostre arti, non debba

divenire in gran parte a colui simile, si vede nondimeno che molte volte i
frategli e' figliuoli delle persone singolari non seguitano in ciò i loro parenti
e stranamente tralignano da loro; la qual cosa non penso già io che avenga

perché non vi sia, mediante il sangue, la medesima prontezza di spirito et
il medesimo ingegno, ma sì bene da altra cagione: cioè dai troppi agi e
commodi e dall'abondanza delle facultà, che non lascia divenir molte volte
gl'uomini solleciti agli studii et industriosi. Ma non però questa regola è così
ferma che anco non avenga alcuna volta il contrario.

Davit e Benedetto Ghirlandai, se bene ebbono bonissimo ingegno et

arebbono potuto farlo, non però seguitarono nelle cose dell'arte Domenico
lor fratello, perciò che dopo la morte di detto lor fratello si sviarono dal
bene operare; conciò sia che l'uno, cioè Benedetto, andò lungo tempo
vagabondo e l'altro s'andò stillando il cervello vanamente dietro al
musaico.

Davit adunque, il quale era stato molto amato da Domenico e lui amò

parimente e vivo e morto, finì dopo lui, in compagnia di Benedetto suo
fratello, molte cose cominciate da esso Domenico e particolarmente la
tavola di Santa Maria Novella all'altar maggiore, cioè la parte di dietro, che
oggi è verso il coro; et alcuni creati del medesimo Domenico finirono la

predella di figure piccole, cioè Nicolaio, sotto la figura di Santo Stefano,
fece una disputa di quel Santo con molta diligenza; e Francesco Granacci,
Iacopo del Tedesco e Benedetto fecero la figura di Santo Antonino
arcivescovo di Fiorenza e Santa Caterina da Siena, et in chiesa in una

tavola Santa Lucia con la testa d'un frate, vicino al mezzo della chiesa, con
molte altre pitture e quadri che sono per le case de' particolari.

Essendo poi stato Benedetto parecchi anni in Francia, dove lavorò,
guadagnò assai e se ne tornò a Firenze con molti privilegii e doni avuti da
quel re in testimonio della sua virtù, e finalmente avendo atteso non solo
alla pittura, ma anco alla milizia, si morì d'anni 50. E Davitte, ancora che

molto disegnasse e lavorasse, non però passò di molto Benedetto, e ciò
potette avenire, dallo star troppo bene e dal non tenere fermo il pensiero
all'arte, la quale non è trovata se non da chi la cerca, e trovata non vuole
essere abbandonata, perché si fugge. Sono di mano di Davitte nell'orto de'
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