Page 1274 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 1274
facesse per lui e pensando di mutare, insieme col paese, fortuna.
Al duca Giuliano, dal quale fu sempre molto favorito, fece la testa di lui in
profilo di mezzo rilievo e la gettò di bronzo, che fu tenuta cosa singolare, la
quale è oggi in casa Messer Alessandro di Messer Ottaviano de' Medici. A
Ruberto di Filippo Lippi pittore, il quale fu suo discepolo, diede
Giovanfrancesco molte opere di sua mano di bassi rilievi, e modelli e
disegni, e fra l'altre in più quadri una Leda, un'Europa, un Nettunno et un
bellissimo Vulcano, et un altro quadretto di basso rilievo dove è un uomo
nudo a cavallo, che è bellissimo, il quale quadro è oggi nello scrittoio di
don Silvano Razzi negl'Angeli. Fece il medesimo una bellissima femina di
bronzo alta due braccia finta per una Grazia, che si premeva una poppa,
ma questa non si sa dove capitasse, né in mano di cui si truovi. De' suoi
cavalli di terra con uomini sopra e sotto, simili ai già detti, ne sono molti
per le case de' cittadini, i quali furono da lui, che era cortesissimo e non
come il più di simili uomini avaro e scortese, a diversi suoi amici donati. E
Dionigi da Diaceto, gentiluomo onorato e da bene, che tenne ancor egli, sì
come Niccolò Buoni, i conti di Giovanfrancesco e gli fu amico, ebbe da lui
molti bassi rilievi. Non fu mai il più piacevole e capriccioso uomo di
Giovanfrancesco, né chi più si dilettasse d'animali: si aveva fatto così
domestico un istrice, che stava sotto la tavola com'un cane et urtava
alcuna volta nelle gambe in modo, che ben presto altri le tirava a sé;
aveva un'aquila et un corbo che dicea infinite cose sì schiettamente, che
pareva una persona.
Attese anco alle cose di negromanzia, e mediante quella, intendo che fece
di strane paure ai suoi garzoni e familiari, e così viveva senza pensieri.
Avendo murata una stanza quasi a uso di vivaio et in quella tenendo molte
serpi o vero biscie che non potevano uscire, si prendeva grandissimo
piacere di stare a vedere, e massimamente di state, i pazzi giuochi ch'elle
facevano e la fierezza loro. Si ragunava nelle sue stanze della Sapienza
una brigata di galantuomini, che si chiamavano la Compagnia del Paiuolo,
e non potevano essere più che dodici: e questi erano esso
Giovanfrancesco, Andrea del Sarto, Spillo pittore, Domenico Puligo, il
Robetta orafo, Aristotile da San Gallo, Francesco di Pellegrino, Niccolò Boni,
Domenico Baccelli, che sonava e cantava ottimamente, il Solosmeo
scultore, Lorenzo detto Guazzetto e Ruberto di Filippo Lippi pittore, il quale
era loro proveditore. Ciascuno de' quali dodici a certe loro cene e
passatempi poteva menare quattro e non più. E l'ordine delle cene era
questo (il che racconto volentieri perché è quasi del tutto dismesso l'uso di
queste Compagnie) che ciascuno si portasse alcuna cosa da cena, fatta con
qualche bella invenzione, la quale, giunto al luogo, presentava al signore,
che sempre era un di loro, il quale la dava a chi più gli piaceva,