Page 1280 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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furono signori, fecero una volta l'Arpie di Fineo e l'altra, dopo una disputa
di filosofi sopra la Trinità, fecero mostrare da santo Andrea un cielo aperto
con tutti i cori degl'angeli, che fu cosa veramente rarissima; e Giovanni
Gaddi con l'aiuto di Iacopo Sansovino, d'Andrea del Sarto e di

Giovanfrancesco Rustici, rappresentò un Tantalo nell'inferno che diede
mangiare a tutti gl'uomini della Compagnia, vestiti in abiti di diversi dii, con
tutto il rimanente della favola e con molte capricciose invenzioni di giardini,
paradisi, fuochi lavorati et altre cose che troppo, raccontandole, farebbono

lunga la nostra storia. Fu anche bellissima invenzione quella di Luigi
Martelli, quando essendo signor della Compagnia, le diede cena in casa di
Giuliano Scali alla porta Pinti; perciò che rappresentò Marte per la crudeltà
tutto di sangue imbrattato, in una stanza piena di membra umane

sanguinose, in un'altra stanza mostrò Marte e Venere nudi in un letto, e
poco appresso Vulcano, che avendogli coperti sotto la rete, chiama tutti gli
dii a vedere l'oltraggio fattogli da Marte e dalla trista moglie. Ma è tempo
oggimai dopo questa, che parrà forse ad alcuno troppo lunga digressione,

che non del tutto a me pare fuor di proposito per molte cagioni stata
raccontata, che io torni alla vita del Rustico.

Giovanfrancesco adunque, non molto sodisfacendogli, dopo la cacciata de'
Medici l'anno 1528, il vivere di Firenze, lasciato d'ogni sua cosa cura a
Niccolò Boni, con Lorenzo Naldini cognominato Guazzetto, suo giovane, se
n'andò in Francia; dove, essendo fatto conoscere al re Francesco da

Giovambatista della Palla, che allora là si trovava, e da Francesco di
Pellegrino suo amicissimo che v'era andato poco innanzi, fu veduto ben
volentieri et ordinatogli una provisione di cinquecento scudi l'anno. Dal
qual Re, a cui fece Giovanfrancesco alcune cose, delle quali non si ha

particolarmente notizia, gli fu dato a fare ultimamente un cavallo di bronzo
due volte grande quanto il naturale, sopra il quale doveva esser posto esso
Re. Laonde, avendo messo mano all'opera, dopo alcuni modelli, che molto
erano al Re piaciuti, andò continuando di lavorare il modello grande et il

cavo per gettarlo, in un gran palazzo statogli dato a godere dal Re. Ma che
che se ne fusse cagione, il Re si morì prima che l'opera fusse finita; ma
perché nel principio del regno d'Enrico, furono levate le provisioni a molti e
ristrette le spese della corte, si dice che Giovanfrancesco, trovandosi

vecchio e non molto agiato, si viveva, non avendo altro, del frutto che
traeva del fitto di quel gran palagio e casamento che aveva avuto a
godersi dalla liberalità del re Francesco; ma la fortuna, non contenta di
quanto aveva insino allora quell'uomo sopportato, gli diede, oltre all'altre,

un'altra grandissima percossa; perché avendo donato il re Enrico quel
palagio al signor Piero Strozzi, si sarebbe trovato Giovanfrancesco a
pessimo termine; ma la pietà di quel signore, al quale increbbe molto della
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