Page 1284 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 1284
voleva che l'opera di San Lorenzo si seguitasse e perciò l'avea fatto
chiamare, gli chiese Sua Santità un giovane che restaurasse alcune statue
antiche di Belvedere, che erano rotte. Per che ricordatosi il Buonarroto di
fra' Giovann'Agnolo, lo propose al Papa e Sua Santità per un suo breve lo
chiese al generale dell'Ordine de' Servi, che gliel concedette, per non poter
far altro e mal volentieri. Giunto dunque il frate a Roma, nelle stanze di
Belvedere, che dal Papa gli furono date per suo abitare e lavorare, rifece il
braccio sinistro che mancava all'Apollo et il destro del Laoconte che sono in
quel luogo, e diede ordine di racconciare l'Ercole similmente. E perché il
Papa quasi ogni mattina andava in Belvedere per suo spasso e dicendo
l'ufficio, il frate il ritrasse di marmo tanto bene, che gli fu l'opera molto
lodata e gli pose il Papa grandissima affezione, e massimamente
veggendolo studiosissimo nelle cose dell'arte e che tutta la notte
disegnava per avere ogni mattina nuove cose da mostrare al Papa, che
molto se ne dilettava. In questo mentre essendo vacato un canonicato di
San Lorenzo di Fiorenza, chiesa stata edificata e dotata dalla casa de'
Medici, fra' Giovann'Agnolo, che già avea posto giù l'abito di frate, l'ottenne
per Messer Giovanni Norchiati suo zio, che era in detta chiesa cappellano.
Finalmente avendo deliberato Clemente che il Buonarroto tornasse a
Firenze a finire l'opere della sagrestia e libreria di San Lorenzo, gli diede
ordine, perché vi mancavano molte statue, come si dirà nella vita di esso
Michelagnolo, che si servisse dei più valentuomini che si potessero avere, e
particolarmente del frate, tenendo il medesimo modo che aveva tenuto il
San Gallo per finire l'opere della Madonna di Loreto. Condottosi dunque
Michelagnolo et il frate a Firenze, Michelagnolo nel condurre le statue del
duca Lorenzo e Giuliano si servì molto del frate nel rinettarle e fare certe
difficultà di lavori traforati in sotto squadra, con la quale occasione imparò
molte cose il frate da quello uomo veramente divino, standolo con
attenzione a vedere lavorare et osservando ogni minima cosa. Ora perché
fra l'altre statue, che mancavano al finimento di quell'opera, mancavano un
San Cosimo e Damiano che dovevano mettere in mezzo la Nostra Donna,
diede a fare Michelagnolo a Raffaello Monte Lupo il San Damiano et al
frate San Cosimo, ordinandogli che lavorasse nelle medesime stanze dove
egli stesso avea lavorato e lavorava. Messovi dunque il frate con
grandissimo studio intorno all'opera, fece un modello grande di quella
figura che fu ritocco dal Buonarroto in molte parti, anzi fece di sua mano
Michelagnolo la testa e le braccia di terra, che sono oggi in Arezzo tenute
dal Vasari, fra le sue più care cose, per memoria di tanto uomo. Ma non
mancarono molti invidiosi che biasimarono in ciò Michelagnolo, dicendo che
in allogare quella statua avea avuto poco iudizio e fatto mala elezzione,
ma gl'effetti mostrarono poi, come si dirà, che Michelagnolo avea avuto