Page 1401 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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grande dipinto a tempera col fiato; e pensando il mandato del Duca al
nome che sentiva fuori di Michelagnolo che dovessi aver fatto qualche gran
cosa, non conoscendo né l'artificio, né l'eccellenza di quella figura, disse a
Michelagnolo: "Oh, questa è una poca cosa". Gli dimandò Michelagnolo che
mestiero fussi il suo, sapendo egli che niuno meglio può dar giudizio delle
cose che si fanno che coloro che vi sono essercitati pur assai drento.
Rispose ghignando: "Io son mercante", credendo non essere stato
conosciuto da Michelagnolo per gentiluomo, e quasi fattosi beffe d'una tal
dimanda mostrando ancora insieme sprezzare l'industria de' Fiorentini.
Michelagnolo che aveva inteso benissimo el parlar così fatto, rispose alla
prima: "Voi farete questa mala mercanzia per il vostro signore. Levatevimi
dinanzi". E così in que' giorni Anton Mini suo creato, che aveva due sorelle
da maritarsi, gliene chiese, et egli gliene donò volentieri, con la maggior
parte de' disegni e cartoni fatti da lui, ch'erano cosa divina. Così due casse
di modegli con gran numero di cartoni finiti per far pitture e parte d'opere
fatte, che venutogli fantasia d'andarsene in Francia gli portò seco, e la
Leda la vendé al re Francesco per via di mercanti, oggi a Fontanableò, et i
cartoni e disegni andaron male, perché egli si morì là in poco tempo e
gliene fu rubati, dove si privò questo paese di tante e sì utili fatiche che fu
danno inestimabile. A Fiorenza è ritornato poi il cartone della Leda, che l'ha
Bernardo Vecchietti, e così quattro pezzi di cartoni della cappella di ignudi
e Profeti condotti da Benvenuto Cellini scultore, oggi appresso agli eredi di
Girolamo degli Albizi.
Convenne a Michelagnolo andare a Roma a papa Clemente, il quale benché
adirato con lui, come amico della virtù gli perdonò ogni cosa e gli diede
ordine che tornasse a Fiorenza e che la libreria e sagrestia di S. Lorenzo si
finissero del tutto, e per abreviare tal opera una infinità di statue che ci
andavano compartirono in altri maestri. Egli n'allogò due al Tribolo, una a
Raffaello da Monte Lupo et una a fra' Giovan Agnolo frate de' Servi, tutti
scultori, e gli diede aiuto in esse facendo a ciascuno i modelli in bozze di
terra, laonde tutti gagliardamente lavorarono et egli ancora alla libreria
faceva attendere, onde si finì il palco di quella d'intagli in legnami con suoi
modelli, i quali furono fatti per le mani del Carota e del Tasso fiorentini,
eccellenti intagliatori e maestri, et ancora di quadro, e similmente i banchi
dei libri lavorati allora da Batista del Cinque e Ciapino amico suo, buoni
maestri in quella professione. E per darvi ultima fine fu condotto in
Fiorenza Giovanni da Udine divino, il quale per lo stucco della tribuna
insieme con altri suo lavoranti et ancora maestri fiorentini, vi lavorò.
Laonde con sollecitudine cercarono di dare fine a tanta impresa.
Per che volendo Michelagnolo far porre in opera le statue, in questo tempo
al Papa venne in animo di volerlo appresso di sé, avendo desiderio di fare