Page 1405 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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polvere né altra bruttura potessi fermare sopra. Né verrò a particolari della
invenzione o componimento di questa storia, perché se n'è ritratte e
stampate tante e grandi e piccole, che e' non par necessario perdervi
tempo a descriverla. Basta che si vede che l'intenzione di questo uomo
singulare non ha voluto entrare in dipignere altro che la perfetta e
proporzionatissima composizione del corpo umano et in diversissime
attitudini; non sol questo, ma insieme gli affetti delle passioni e
contentezze dell'animo, bastandogli satisfare in quella parte di che è stato
superiore a tutti i suoi artefici, e mostra la via della gran maniera e degli
ignudi e quanto e' sappi nelle dificultà del disegno, e finalmente ha aperto
la via alla facilità di questa arte nel principale suo intento, che è il corpo
umano, et attendendo a questo fin solo, ha lassato da parte le vaghezze
de' colori, i capricci e le nuove fantasie di certe minuzie e delicatezze, che
da molti altri pittori non sono interamente, e forse non senza qualche
ragione, state neglette. Onde qualcuno non tanto fondato nel disegno ha
cerco con la varietà di tinte et ombre di colori e con bizzarre varie e nuove
invenzioni, et insomma con questa altra via farsi luogo fra i primi maestri.
Ma Michelagnolo stando saldo sempre nella profondità dell'arte, ha mostro
a quegli che sanno assai [come] dovevano arrivare al perfetto.
E per tornare alla storia, aveva già condotto Michelagnolo a fine più di tre
quarti dell'opera, quando andando papa Paulo a vederla, perché Messer
Biagio da Cesena maestro delle cerimonie e persona scrupolosa, che era in
cappella col Papa, dimandato quel che gliene paressi, disse essere cosa
disonestissima in un luogo tanto onorato avervi fatto tanti ignudi che sì
disonestamente mostrano le lor vergogne, e che non era opera da cappella
di papa, ma da stufe e d'osterie. Dispiacendo questo a Michelagnolo e
volendosi vendicare, subito che fu partito lo ritrasse di naturale senza
averlo altrimenti innanzi, nello inferno nella figura di Minòs con una gran
serpe avvolta alle gambe fra un monte di diavoli. Né bastò il raccomandarsi
di Messer Biagio al Papa et a Michelagnolo che lo levassi, che pure ve lo
lassò per quella memoria, dove ancor si vede.
Avenne in questo tempo che egli cascò di non poco alto dal tavolato di
questa opera e fattosi male a una gamba, per lo dolore e per la còllora da
nessuno non volle essere medicato. Per il che trovandosi allora vivo
maestro Baccio Rontini fiorentino, amico suo e medico capriccioso e di
quella virtù molto affezionato, venendogli compassione di lui gli andò un
giorno a picchiare a casa, e non gli essendo risposto da' vicini né da lui, per
alcune vie segrete cercò tanto di salire, che a Michelagnolo di stanza in
stanza pervenne, il quale era disperato. Laonde maestro Baccio fin che egli
guarito non fu, non lo volle abandonare già mai, né spicarsegli d'intorno.
Egli di questo male guarito e ritornato all'opera, et in quella di continuo