Page 1455 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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figurato come si è detto per lo Tevere; perciò che stendendo un braccio, si
aveva piene le mani de' fiori e frutti avuti dal corno di dovizia dell'Arno, che
gli giaceva a canto e dirimpetto. Veniva a dimostrare ancora, godendo de'
frutti d'Arno, che Michelagnolo è vivuto gran parte degl'anni suoi a Roma, e
vi ha fatto quelle maraviglie che fanno stupire il mondo. Arno aveva per
segno il leone et il Tevere la lupa con i piccioli Romulo e Remo, et erano
ambidue colossi di straordinaria grandezza e bellezza, e simili al marmo.
L'uno, cioè il Tevere, fu di mano di Giovanni di Benedetto da Castello,
allievo del Bandinello, e l'altro di Battista di Benedetto, allievo
dell'Ammannato, ambi giovani eccellenti e di somma aspettazione.
Da questo piano si alzava una faccia di cinque braccia e mezzo con le sue
cornici di sotto, e sopra, et in su' canti, lasciando nel mezzo lo spazio di
quattro quadri. Nel primo de' quali, che veniva a essere nella faccia dove
erano i due fiumi, era dipinto di chiaro scuro, sì come erano anche tutte
l'altre pitture di questo apparato, il magnifico Lorenzo vecchio de' Medici,
che riceveva nel suo giardino, del quale si è in altro luogo favellato,
Michelagnolo fanciullo, avendo veduti certi saggi di lui che accennavano, in
que' primi fiori, i frutti che poi largamente sono usciti della vivacità e
grandezza del suo ingegno. Cotale istoria dunque si conteneva nel detto
quadro, il quale fu dipinto da Mirabello e da Girolamo del Crucifissaio, così
chiamati, i quali come amicissimi e compagni presono a fare quell'opera
insieme, nella quale con vivezza e pronte attitudini si vedeva il detto
magnifico Lorenzo, ritratto di naturale, ricevere graziosamente
Michelagnolo fanciulletto e tutto reverente nel suo giardino, et
essaminatolo, consegnarlo ad alcuni maestri che gl'insegnassero. Nella
seconda storia, che veniva a essere, continuando il medesimo ordine, volta
verso la porta del fianco che va fuori, era figurato papa Clemente, che
contra l'openione del volgo, il quale pensava che Sua Santità avesse
sdegno con Michelagnolo per conto delle cose dell'assedio di Firenze, non
solo lo assicura e se gli mostra amorevole, ma lo mette in opera alla
sagrestia nuova et alla libreria di San Lorenzo, ne' quali luoghi quanto
divinamente operasse si è già detto. In questo quadro adunque era di
mano di Federigo fiamingo, detto del Padoano, dipinto con molta destrezza
e dolcissima maniera Michelagnolo che mostra al Papa la pianta della detta
sagrestia, e dietro lui parte da alcuni Angioletti, e parte da altre figure,
erano portati i modelli della libreria, della sagrestia e delle statue che vi
sono oggi finite. Il che tutto era molto bene accomodato e lavorato con
diligenza. Nel terzo quadro che posando come gl'altri detti sul primo piano,
guardava l'altare maggiore, era un grande epitaffio latino composto dal
dottissimo Messer Pier Vettori, il sentimento del quale era tale in lingua
fiorentina: "L'Accademia de' pittori, scultori et architettori, col favore et