Page 1588 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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Adone che muore in grembo a Venere, secondo l'invenzione di Teocrito, la
quale opera fu poi, e quasi contra mia voglia, condotta in Francia e data a
Messer Albizo del Bene, insieme con una Psiche che sta mirando con una
lucerna Amore che dorme, e si sveglia avendolo cotto una favilla di essa

lucerna. Le quali tutte figure ignude e grandi quanto il vivo furono cagione
che Alfonso di Tommaso Cambi giovanetto allora bellissimo, letterato,
virtuoso e molto cortese e gentile, si fece ritrarre ignudo, e tutto intero, in
persona d'uno Endimione cacciatore amato dalla Luna, la cui candidezza, et

un paese all'intorno capriccioso, hanno il lume dalla chiarezza della luna,
che fa nell'oscuro della notte una veduta assai propria e naturale, perciò
che io m'ingegnai con ogni diligenza di contrafare i colori proprii che suol
dare il lume di quella bianca giallezza della luna alle cose che percuote.

Dopo questo, dipinsi due quadri per mandare a Raugia: in uno la Nostra
Donna e nell'altro una Pietà; et appresso a Francesco Botti in un gran

quadro la Nostra Donna col Figliuolo in braccio e Giuseppo, il quale quadro,
che io certo feci con quella diligenza che seppi maggiore, si portò seco in
Ispagna. Forniti questi lavori andai l'anno medesimo a vedere il cardinale
de' Monti a Bologna, dove era legato, e con esso dimorando alcuni giorni,

oltre a molti altri ragionamenti, seppe così ben dire, e ciò con tante buone
ragioni persuadermi, che io mi risolvei, stretto da lui, a far quello che insino
allora non avea voluto fare, cioè a pigliare moglie, e così tolsi, come egli
volle, una figliuola di Francesco Bacci nobile cittadino aretino. Tornato a

Fiorenza feci un gran quadro di Nostra Donna, secondo un mio nuovo
capriccio e con più figure, il quale ebbe Messer Bindo Altoviti, che perciò mi
donò cento scudi d'oro, e lo condusse a Roma, dove è oggi nelle sue case.
Feci oltre ciò nel medesimo tempo molti altri quadri, come a Messer

Bernardetto de' Medici, a Messer Bartolomeo Strada fisico eccellente, et a
altri miei amici, che non accade ragionarne.

Di que' giorni, essendo morto Gismondo Martelli in Fiorenza, et avendo
lasciato per testamento che in S. Lorenzo alla cappella di quella nobile
famiglia si facesse una tavola con la Nostra Donna et alcuni Santi, Luigi e

Pandolfo Martelli, insieme con Messer Cosimo Bartoli, miei amicissimi, mi
ricercarono che io facessi la detta tavola. Et avutone licenza dal signor
duca Cosimo patrone e primo Operaio di quella chiesa, fui contento di farla,
ma con facultà di potervi fare a mio capriccio alcuna cosa di S. Gismondo,
alludendo al nome di detto testatore. La quale convenzione fatta, mi

ricordai avere inteso che Filippo di ser Brunellesco architetto di quella
chiesa avea data quella forma a tutte le cappelle, acciò in ciascuna fusse
fatta, non una piccola tavola, ma alcuna storia o pittura grande, che

empiesse tutto quel vano. Per che, disposto a volere in questa parte
seguire la volontà et ordine del Brunellesco, più guardando all'onore che al
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