Page 1589 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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picciol guadagno che di quell'opera destinata a far una tavola piccola e con
poche figure potea trarre, feci in una tavola larga braccia dieci et alta
tredici la storia, o vero martirio di San Gismondo re, cioè quando egli, la
moglie e due figliuoli furono gettati in un pozzo da un altro re, o vero

tiranno, e feci che l'ornamento di quella cappella, il quale è mezzo tondo,
mi servisse per vano della porta d'un gran palazzo, rustica, per la quale si
avesse la veduta del cortile quadro, sostenuto da pilastri e colonne doriche,
e finsi che per lo straforo di quella si vedesse nel mezzo un pozzo a otto

facce, con salita intorno di gradi, per i quali salendo i ministri, portassono a
gettare detti due figliuoli nudi nel pozzo; et intorno nelle logge dipinsi
popoli che stanno da una parte a vedere quell'orrendo spettacolo, e
nell'altra, che è la sinistra, feci alcuni masnadieri, i quali avendo presa con

fierezza la moglie del re, la portano verso il pozzo per farla morire. Et in
sulla porta principale feci un gruppo di soldati che legano San Gismondo, il
quale con attitudine relassata e paziente mostra patir ben volentieri quella
morte e martirio, e sta mirando in aria quattro Angeli che gli mostrano le

palme e corone del martirio, sue, della moglie e de' figliuoli, la qual cosa
pare che tutto il riconforti e consoli. Mi sforzai similmente di mostrare la
crudeltà e fierezza dell'empio tiranno, che sta in sul pian del cortile di sopra
a vedere quella sua vendetta e la morte di San Gismondo. Insomma,

quanto in me fu, feci ogni opera che in tutte le figure fussero più che si può
i proprii affetti e convenienti attitudini e fierezze, e tutto quello si
richiedeva; il che quanto mi riuscisse, lascerò ad altri farne giudizio. Dirò
bene che io vi misi quanto potei e seppi di studio, fatica e diligenza.

Intanto disiderando il signor duca Cosimo che il libro delle vite, già
condotto quasi al fine, con quella maggior diligenza che a me era stato
possibile e con l'aiuto d'alcuni miei amici, si desse fuori et alle stampe, lo
diedi a Lorenzo Torrentino impressor ducale, e così fu cominciato a

stamparsi. Ma non erano anche finite le teoriche, quando, essendo morto
papa Paulo Terzo, cominciai a dubitare d'avermi a partire di Fiorenza,
prima che detto libro fusse finito di stampare. Perciò che andando io fuor di
Fiorenza ad incontrare il cardinal di Monte, che passava per andare al

Conclavi, non gli ebbi sì tosto fatto riverenza et alquanto ragionato, che mi
disse: "Io vo a Roma, et al sicuro sarò papa. Spedisciti, se hai che fare, e
subito, avuto la nuova, vientene a Roma sanza aspettare altri avvisi o
d'essere chiamato". Né fu vano cotal pronostico, però che essendo quel

carnovale in Arezzo, e dandosi ordine a certe feste e mascherate, venne
nuova che il detto cardinale era diventato Giulio Terzo, per che montato
subito a cavallo venni a Fiorenza, donde, sollecitato dal Duca, andai a
Roma per esservi alla coronazione di detto nuovo Pontefice et al fare

dell'apparato.
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