Page 1590 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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E così giunto in Roma e scavalcato a casa Messer Bindo, andai a far
reverenza e baciare il piè a Sua Santità il che fatto, le prime parole che mi
disse furono il ricordarmi che quello che mi aveva di sé pronosticato non
era stato vano. Poi dunque che fu coronato e quietato alquanto, la prima

cosa che volle si facesse si fu sodisfare a un obligo, che aveva alla
memoria di Messer Antonio vecchio e primo cardinal di Monte, d'una
sepoltura da farsi a S. Piero a Montorio. Della quale fatti i modelli e
disegni, fu condotta di marmo, come in altro luogo s'è detto pienamente,

et in tanto io feci la tavola di quella cappella, dove dipinsi la conversione di
S. Paulo: ma per variare da quello che avea fatto il Buonarruoto nella
Paulina, feci S. Paulo, come egli scrive, giovane che già cascato da cavallo
è condotto dai soldati ad Anania cieco, dal quale per imposizione delle

mani riceve il lume degl'occhi perduto et è battezzato. Nella quale opera, o
per la strettezza del luogo, o altro che ne fusse cagione, non sodisfeci
interamente a me stesso, se bene forse ad altri non dispiacque, et in
particolare a Michelagnolo.

Feci similmente a quel Pontefice un'altra tavola per una cappella del
palazzo, ma questa, per le cagioni dette altra volta, fu poi da me condotta

in Arezzo e posta in Pieve all'altar maggiore. Ma quando né in questa, né in
quella già detta di S. Piero a Montorio, io non avessi pienamente sodisfatto
né a me, né ad altri, non sarebbe gran fatto, imperò che, bisognandomi
essere continuamente alla voglia di quel Pontefice, era sempre in moto, o

vero occupato in far disegni d'architettura, e massimamente essendo io
stato il primo che disegnasse e facesse tutta l'invenzione della vigna Iulia,
che egli fece fare con spesa incredibile, la quale se bene fu poi da altri
essequita, io fui nondimeno quegli che misi sempre in disegno i capricci del

Papa, che poi si diedero a rivedere e correggere a Michelagnolo; et Iacopo
Barozzi da Vignuola finì con molti suoi disegni le stanze, sale et altri molti
ornamenti di quel luogo. Ma la fonte bassa fu d'ordine mio e
dell'Amannato, che poi vi restò e fece la loggia che è sopra la fonte. Ma in

quell'opera non si poteva mostrare quello che altri sapesse, né far alcuna
cosa pel verso, perciò che venivano di mano in mano a quel Papa nuovi
capricci, i quali bisognava metter in essecuzione, secondo che ordinava
giornalmente Messer Piergiovanni Aliotti, vescovo di Forlì.

In quel mentre, bisognandomi l'anno 1550 venire per altro a Fiorenza ben
due volte, la prima finii la tavola di San Gismondo, la quale venne il Duca a

vedere in casa Messer Ottaviano de' Medici dove la lavorai, e gli piacque di
sorte, che mi disse, finite le cose di Roma, me ne venissi a Fiorenza al suo
servizio, dove mi sarebbe ordinato quello avessi da fare. Tornato dunque a

Roma e dato fine alle dette opere cominciate, e fatta una tavola all'altar
maggiore della Compagnia della Misericordia di un San Giovanni decollato,
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