Page 1596 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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cinque mesi con mio ordine e disegno ancor che sia opera da pensare che
non potesse condursi in meno di cinque anni. Oltre che anco fu mia cura il
far rifare, per le medesime nozze, et accrescere nella tribuna maggiore di
Santo Spirito i nuovi ingegni della festa che già si faceva in San Felice in
Piazza, il che tutto fu ridotto a quella perfezzione che si poteva maggiore,
onde non si corrono più di que' pericoli che già si facevano in detta festa.
È stata similmente mia cura l'opera del palazzo e chiesa de' cavalieri di
Santo Stefano in Pisa, e la tribuna, o vero cupola della Madonna dell'Umiltà
in Pistoia, che è opera importantissima. Di che tutto, senza scusare la mia
imperfezzione, la quale conosco da vantaggio se cosa ho fatto di buono,
rendo infinite grazie a Dio, dal quale spero avere anco tanto d'aiuto che io
vedrò quando che sia finita la terribile impresa delle dette facciate della
sala, con piena sodisfazione de' miei signori, che già, per ispazio di tredici
anni, mi hanno dato occasione di grandissime cose, con mio onore et utile
operare, per poi, come stracco, logoro et invecchiato riposarmi. E se le
cose dette, per la più parte, ho fatto con qualche fretta e prestezza, per
diverse cagioni, questa spero io di fare con mio commodo, poi che il signor
Duca si contenta che io non la corra, ma la faccia con agio, dandomi tutti
quei riposi e quelle ricreazioni che io medesimo so disiderare.
Onde l'anno passato, essendo stracco per le molte opere sopra dette, mi
diede licenza che io potessi alcuni mesi andare a spasso, per che messomi
in viaggio cercai poco meno che tutta Italia, rivedendo infiniti amici, e miei
signori, e l'opere di diversi eccellenti artefici, come ho detto di sopra ad
altro proposito. In ultimo essendo in Roma per tornarmene a Fiorenza, nel
baciare i piedi al santissimo e beatissimo papa Pio Quinto, mi comise che
io gli facessi in Fiorenza una tavola per mandarla al suo convento e chiesa
del Bosco, ch'egli faceva tuttavia edificare nella sua patria, vicino ad
Alessandria della Paglia. Tornato dunque a Fiorenza, e per averlomi Sua
Santità comandato, e per le molte amorevolezze fattemi, gli feci, sì come
avea commessomi, in una tavola l'Adorazione de' Magi, la quale come
seppe essere stata da me condotta a fine, mi fece intendere che per sua
contentezza e per conferirmi alcuni suoi pensieri, io andassi con la detta
tavola a Roma, ma sopra tutto per discorrere sopra la fabrica di San Piero,
la quale mostra di avere a cuore sommamente. Messomi dunque a ordine
con cento scudi, che per ciò mi mandò, e mandata innanzi la tavola, andai
a Roma. Dove, poi che fui dimorato un mese, et avuti molti ragionamenti
con Sua Santità, e consigliatolo a non permettere che s'alterasse l'ordine
del Buonarruoto nella fabrica di San Piero, e fatti alcuni disegni, mi ordinò
che io facessi per l'altar maggiore della detta sua chiesa del Bosco, e non
una tavola, come s'usa comunemente, ma una machina grandissima quasi
a guisa d'arco trionfale, con due tavole grandi, una dinanzi et una di dietro,