Page 160 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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veramente miracolosa e meritamente lodata da tutti i belli ingegni, perché
in essa, oltre al disegno, vi è la disposizione degli Apostoli, che in diverse
maniere travagliano per la tempesta del mare, mentre soffiano i venti in
una vela, la quale ha tanto rilievo, che non farebbe altrettanto una vera; e
pure è difficile avere a fare di que' pezzi di vetri una unione, come quella
che si vede ne' bianchi e nell'ombre di sì gran vela, la quale col pennello,
quando si facesse ogni sforzo, a fatica si pareggerebbe; senzaché in un
pescatore, il quale pesca in sur uno scoglio a lenza, si conosce
nell'attitudine una pacienza estrema propria di quell'arte, e nel volto la
speranza e la voglia di pigliare. Sotto questa opera sono tre archetti in
fresco, de' quali, essendo per la maggior parte guasti, non dirò altro. Le
lodi dunque, date universalmente dagli artefici a quest'opera, se le
convengono.
Avendo poi Giotto nella Minerva, chiesa de' frati Predicatori, dipinto in una
tavola un Crucifisso grande colorito a tempera, che fu allora molto lodato,
se ne tornò, essendone stato fuori sei anni, alla patria. Ma essendo non
molto dopo creato papa Clemente Quinto in Perugia, per esser morto papa
Benedetto Nono, fu forzato Giotto andarsene con quel Papa là dove
condusse la corte, in Avignone, per farvi alcune opere; per che andato,
fece, non solo in Avignone, ma in molti altri luoghi di Francia, molte tavole
e pitture a fresco bellissime, le quali piacquero infinitamente al Pontefice e
a tutta la corte. Laonde, spedito che fu, lo licenziò amorevolmente e con
molti doni; onde se ne tornò a casa non meno ricco che onorato e famoso,
e fra l'altre cose recò il ritratto di quel Papa, il quale diede poi a Taddeo
Gaddi suo discepolo: e questa tornata di Giotto in Firenze fu l'anno 1316.
Ma non però gli fu conceduto fermarsi molto in Firenze; perché condotto a
Padoa per opera de' Signori della Scala, dipinse nel Santo, chiesa stata
fabricata in que' tempi, una capella bellissima. Di lì andò a Verona, dove a
messer Cane fece nel suo palazzo alcune pitture e particolarmente il
ritratto di quel Signore; e ne' frati di S. Francesco una tavola. Compiute
queste opere, nel tornarsene in Toscana gli fu forza fermarsi in Ferrara, e
dipignere in servigio di que' Signori Estensi in palazzo, et in S. Agostino
alcune cose che ancora oggi vi si veggiono.
Intanto venendo agli orecchi di Dante poeta fiorentino che Giotto era in
Ferrara, operò di maniera che lo condusse a Ravenna, dove egli si stava in
esilio, e gli fece fare in S. Francesco per i Signori da Polenta alcune storie
in fresco intorno alla chiesa, che sono ragionevoli. Andato poi da Ravenna
a Urbino, ancor quivi lavorò alcune cose. Poi occorrendogli passar per
Arezzo, non potette non compiacere Piero Saccone che molto l'aveva
carezzato, onde gli fece in un pilastro della capella maggiore del
Vescovado in fresco un S. Martino, che tagliatosi il mantello nel mezzo, ne