Page 20 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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poter far i casamenti e la prospettiva, il colorire a tempera, l'arte del
lavorare in fresco, differente e vario da tutti gl'altri; similmente il lavorar a
olio, in legno, in pietra, in tele, et il miniare, arte differente da tutte; le
finestre di vetro, il musaico de' vetri, il commetter le tarsie di colori

facendone istorie con i legni tinti, ch'è pittura; lo sgraffire le case con il
ferro, il niello, e le stampe di rame, membri della pittura; gli smalti
degl'orefici, il commetter l'oro alla damaschina; il dipigner le figure
invetriate, e fare ne' vasi di terra istorie ed altre figure, che tengono

all'acqua, il tesser i broccati con le figure e' fiori, e la bellissima invenzione
degl'arazzi tessuti, che fa commodità e grandezza; potendo portar la
pittura in ogni luogo, e salvatico e domestico: senzaché in ogni genere, che
bisogna esercitarsi, il disegno, ch'è disegno nostro, l'adopra ognuno. Sì che

molti più membri ha la pittura e più utili che non ha la scultura.
Non niegano l'eternità, poiché così la chiamano, delle sculture, ma dicono

questo non esser privilegio che faccia l'arte più nobile ch'ella si sia di sua
natura, per esser semplicemente della materia; e che se la lunghezza della
vita desse all'anime nobiltà, il pino tra le piante, et il cervio tra gl'animali,
arebbon l'anima oltramodo più nobile che non ha l'uomo; nonostante che ei

potessino addurre una simile eternità e nobiltà di materia ne' musaici loro,
per vedersene delli antichissimi quanto le più antiche sculture che siano in
Roma, ed essendosi usato di farli di gioie e pietre fini. E quanto al piccolo o
minor numero loro, affermano che ciò non è perché l'arte ricerchi miglior

disposizione di corpo et il giudizio maggiore, ma che ei dipende in tutto
dalla povertà delle sustanze loro, e dal poco favore o avarizia, che
vogliamo chiamarlo, degli uomini ricchi; i quali non fanno loro commodità
de' marmi, né danno occasione di lavorare; come si può credere e vedesi

che si fece ne' tempi antichi, quando la scultura venne al sommo grado. Et
è manifesto che chi non può consumare o gittar via una piccola quantità di
marmi e pietre forti, le quali costano pur assai, non può fare quella pratica
nell'arte che si conviene: chi non vi fa la pratica non l'impara, e chi non

l'impara non può far bene. Per la qual cosa doverrebbono escusare
piuttosto con queste cagioni la imperfezzione e il poco numero degli
eccellenti, che cercare di trarre da esse, sotto un altro colore, la nobiltà.

Quanto a' maggior pregi delle sculture, rispondono che, quando i loro
fussino bene minori, non hanno a compatirli, contentandosi di un putto che
macini loro i colori e porga i pennelli o le predelle di poca spesa: dove gli

scultori oltre alla valuta grande della materia vogliono di molti aiuti, e
mettono più tempo in una sola figura che non fanno essi in molte e molte;
per il che appariscano i pregi loro essere più della qualità e durazione di

essa materia, degl'aiuti ch'ella vuole a condursi e del tempo che vi si mette
a lavorarla, che dell'eccellenza dell'arte stessa. E quando questa non serva,
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