Page 23 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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è più necessario a chi lavora in fresco, che a chi scarpella ne' marmi. Perciò
che in quello non solamente non ha luogo né la pacienza né il tempo, per
essere capitalissimi inimici della unione della calcina e de' colori, ma
perché l'occhio non vede i colori veri, insino a che la calcina non è ben

secca, né la mano vi può aver giudizio d'altro che del molle o secco; di
maniera che chi lo dicesse lavorare al buio o con occhiali di colori diversi
dal vero, non credo che errasse di molto, anzi non dubito punto che tal
nome non se li convenga più che al lavoro d'incavo, al quale per occhiali,

ma giusti e buoni, serve la cera. E dicono che a questo lavoro è necessario
avere un giudizio risoluto, che antivegga la fine nel molle, e quale egli
abbia a tornar poi secco; oltra che non si può abbandonare il lavoro mentre
che la calcina tiene del fresco, e bisogna risolutamente fare in un giorno

quello che fa la scultura in un mese. E chi non ha questo giudizio e questa
eccellenzia, si vede nella fine del lavoro suo, o col tempo, le toppe, le
macchie, i rimessi, et i colori soprapposti o ritocchi a secco, che è cosa
vilissima; per che vi si scuoprono poi le muffe, e fanno conoscere la

insufficienza et il poco sapere dello artefice suo, sì come fanno bruttezza i
pezzi rimessi nella scultura; senzaché, quando accade lavare le figure a
fresco, come spesso dopo qualche tempo avviene, per rinovarle, quello che
è lavorato a fresco rimane, e quello che a secco è stato ritocco, è dalla

spugna bagnata portato via.
Soggiungono ancora, che dove gli scultori fanno insieme due o tre figure al

più d'un marmo solo, essi ne fanno molte in una tavola sola, con quelle
tante e sì varie vedute che coloro dicono che ha una statua sola,
ricompensando con la varietà delle positure, scorci et attitudini loro il
potersi vedere intorno intorno quelle degli scultori; come già fece Giorgione

da Castelfranco in una sua pittura: la quale, voltando le spalle et avendo
due specchi, uno da ciascun lato, et una fonte d'acqua a' piedi, mostra nel
dipinto il dietro, nella fonte il dinanzi e negli specchi gli lati: cosa che non
ha mai potuto far la scultura. Affermano, oltra di ciò, che la pittura non

lascia elemento alcuno che non sia ornato e ripieno di tutte le eccellenzie
che la natura ha dato loro, dando la sua luce o le sue tenebre alla aria con
tutte le sue varietà et impressioni, et empiendola insieme di tutte le sorti
degli uccegli; alle acque la trasparenza, i pesci, i muschi, le schiume, il

variare delle onde, le navi, e l'altre sue passioni; alla terra i monti, i piani,
le piante, i frutti, i fiori, gli animali, gli edifizii, con tanta moltitudine di cose
e varietà delle forme loro e de' veri colori, che la natura stessa molte volte
n'ha maraviglia: e dando finalmente al fuoco tanto di caldo e di luce, che e'

si vede manifestamente ardere le cose, e quasi tremolando nelle sue
fiamme render in parte luminose le più oscure tenebre della notte.

Per le quali cose par loro potere giustamente conchiudere e dire, che,
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