Page 29 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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che si perdeva che, mancando loro l'animo, non si mise altramente mano a
statue, vasi o altre cose sottili.

Altri poi che si sono messi a spianare pietre e rapezzar colonne col
medesimo segreto, hanno fatto in questo modo: fannosi per questo effetto
alcune martella gravi e grosse con le punte d'acciaio temperato
fortissimamente col sangue di becco, e lavorato a guisa di punte di

diamanti, con le quali picchiando minutamente in sul porfido, e
scantonandolo a poco a poco il meglio che si può si riduce pur finalmente o
a tondo o a piano, come più aggrada all'artefice, con fatica e tempo non
picciolo; ma non già a forma di statue, che di questo non abbiamo la

maniera; e se gli dà il pulimento con lo smeriglio e col cuoio strofinandolo,
che viene di lustro molto pulitamente lavorato e finito. Ed ancor che ogni
giorno si vadino più assottigliando gl'ingegni umani, e nuove cose
investigando, nondimeno anco i moderni che in diversi tempi hanno per

intagliar il porfido provato nuovi modi, diverse tempre et acciai ben
purgati, hanno, come si disse di sopra, infino a pochi anni sono faticato
invano.

E pur l'anno 1553, avendo il signor Ascanio Colonna donato a papa Giulio
III una tazza antica di porfido bellissima larga sette braccia, il Pontefice per
ornarne la sua vigna ordinò, mancandole alcuni pezzi, che la fusse

restaurata; per che, mettendosi mano all'opera e provandosi molte cose
per consiglio di Michelagnolo Buonarroti e d'altri eccellentissimi maestri,
dopo molta lunghezza di tempo fu disperata l'impresa, massimamente non

si potendo in modo nessuno salvare alcuni canti vivi, come il bisogno
richiedeva. E Michelagnolo, pur avvezzo alla durezza de' sassi, insieme con
gli altri se ne tolse giù, né si fece altro.

Finalmente, poiché niuna altra cosa in questi nostri tempi mancava alla
perfezione delle nostr'arti che il modo di lavorare perfettamente il porfido,
acciò che né anco questo si abbia a disiderare, si è in questo modo

ritrovato. Avendo l'anno 1555 il signor duca Cosimo condotto dal suo
palazzo e giardino de' Pitti una bellissima acqua nel cortile del suo
principale palazzo di Firenze, per farvi una fonte di straordinaria bellezza,
trovati fra i suoi rottami alcuni pezzi di porfido assai grandi, ordinò che di
quelli si facesse una tazza col suo piede per la detta fonte; e per agevolar

al maestro il modo di lavorar il porfido, fece di non so che erbe stillar
un'acqua di tanta virtù, che, spegnendovi dentro i ferri bollenti, fa loro una
tempera durissima. Con questo segreto adunque, secondo 'l disegno fatto

da me, condusse Francesco del Tadda, intagliator da Fiesole, la tazza della
detta fonte, che è larga due braccia e mezzo di diametro, et insieme il suo
piede, in quel modo che oggi ella si vede nel detto palazzo. Il Tadda,
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