Page 298 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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VITA DI NICCOLÒ ARETINO SCULTORE
Fu ne' medesimi tempi e nella medesima facultà della scultura e quasi
della medesima bontà nell'arte Niccolò di Piero, cittadino aretino, al quale
quanto fu la natura liberale delle doti sue, cioè d'ingegno e di vivacità
d'animo, tanto fu avara la fortuna de' suoi beni. Costui dunque, per essere
povero compagno e per avere alcuna ingiuria ricevuta dai suoi più prossimi
nella patria, si partì, per venirsene a Firenze, d'Arezzo, dove sotto la
disciplina di maestro Moccio scultore sanese, il quale, come si è detto
altrove, lavorò alcune cose in Arezzo, aveva con molto frutto atteso alla
scultura, come che non fusse detto maestro Moccio molto eccellente. E così
arrivato Niccolò a Firenze, da prima lavorò per molti mesi qualunche cosa
gli venne alle mani, sì perché la povertà et il bisogno l'assassinavano e sì
per la concorrenza d'alcuni giovani che con molto studio e fatica,
gareggiando virtuosamente, nella scultura s'esercitavano. Finalmente,
essendo dopo molte fatiche riuscito Niccolò assai buono scultore, gli furono
fatte fare da gl'Operai di Santa Maria del Fiore, per lo campanile, due
statue, le quali essendo in quello poste verso la canonica, mettono in
mezzo quelle che fece poi Donato; e furono tenute, per non si essere
veduto di tondo rilievo meglio, ragionevoli. Partito poi di Firenze per la
peste dell'anno 1383, se n'andò alla patria; dove, trovando che per la detta
peste gl'uomini della Fraternità di Santa Maria della Misericordia, della
quale si è di sopra ragionato, avevano molti beni acquistato per molti lasci
stati fatti da diverse persone della città, per la divozione che avevano a
quel luogo pio et agl'uomini di quello, che senza tema di niuno pericolo, in
tutte le pestilenze governano gl'infermi e sotterrano i morti, e che per ciò
volevano fare la facciata di quel luogo di pietra bigia, per non avere
commodità di marmi, tolse a fare quel luogo stato cominciato inanzi
d'ordine tedesco, e lo condusse, aiutato da molti scarpellini da Settignano,
a fine perfettamente, facendo di sua mano, nel mezzo tondo della facciata,
una Madonna col Figliuolo in braccio, e certi Angeli che le tengono aperto il
manto, sotto il quale pare che si riposi il popolo di quella città, per lo quale
intercedono da basso in ginocchioni San Laurentino e Pergentino. In due
nicchie, poi, che sono dalle bande, fece due statue di tre braccia l'una; cioè
San Gregorio papa e San Donato vescovo e protettore di quella città, con
buona grazia e ragionevole maniera. E per quanto si vede, aveva, quando
fece queste opere, già fatto in sua giovanezza sopra la porta del
Vescovado, tre figure grandi di terra cotta che oggi sono in gran parte state
consumate dal ghiaccio; sì come è ancora un San Luca di macigno stato