Page 355 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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la cupola a voltarsi più facilmente. E così se ne fece modelli e si messe in
esecuzione.
Filippo, dopo alquanti mesi riavuto, essendo una mattina in su la piazza di
S. Maria del Fiore con Donato et altri artefici, si ragionava delle antichità
delle cose della scultura, e raccontando Donato che quando e' tornava da
Roma aveva fatto la strada da Orvieto per veder quella facciata del Duomo
di marmo, tanto celebrata, lavorata di mano di diversi maestri, tenuta cosa
notabile in que' tempi; e che nel passar poi da Cortona entrò in Pieve, e
vide un pilo antico bellissimo dove era una storia di marmo, cosa allora
rara non essendosi disotterrata quella abbondanza che si è fatta ne' tempi
nostri, e così seguendo Donato il modo che aveva usato quel maestro a
condurre quell'opera, e la fine che vi era dentro, insieme con la perfezzione
e bontà del magisterio, accese sì Filippo di una ardente volontà di vederlo,
che così come egli era, in mantello, in cappuccio et in zoccoli, senza dir
dove andasse, si partì da loro a piedi e si lasciò portare a Cortona dalla
volontà et amore ch'e' portava all'arte. E veduto e piaciutogli il pilo, lo
ritrasse con la penna in disegno; e con quello tornò a Fiorenza, senza che
Donato o altra persona si accorgesse che fusse partito, pensando che e'
dovesse disegnare o fantasticare qualcosa.
Così tornato in Fiorenza li mostrò il disegno del pilo, da lui con pazienza
ritratto; per il che Donato si maravigliò assai, vedendo quanto amore
Filippo portava all'arte. Stette poi molti mesi in Fiorenza, dove egli faceva
segretamente modelli et ingegni, tutti per l'opera della cupola, stando
tuttavia con gli artefici in su le baie; ché allora fece egli quella burla del
Grasso e di Matteo, et andando bene spesso per suo diporto ad aiutare a
Lorenzo Ghiberti a rinettar qualcosa in su le porte. Ma toccoli una mattina
la fantasia, sentendo che si ragionava del far provisione di ingegneri che
voltassino la cupola, si ritornò a Roma, pensando con più riputazione avere
a esser ricerco di fuora che non arebbe fatto stando in Fiorenza. Laonde,
trovandosi in Roma e venuto in considerazione l'opera e l'ingegno suo
acutissimo, per aver mostro ne' ragionamenti suoi quella sicurtà e quello
animo che non avevasi trovato negli altri maestri, i quali stavono smarriti
insieme con i muratori, perdute le forze, e non pensando poter mai trovar
modo da voltarla, né legni da fare una travata che fusse sì forte che
regesse l'armadura et il peso di sì grande edifizio, deliberati vederne il fine,
scrissono a Filippo a Roma, con pregarlo che venisse a Fiorenza. Et egli,
che non aveva altra voglia, molto cortesemente tornò. E ragunatosi a sua
venuta l'ufizio delli Operai di S. Maria del Fiore et i Consoli dell'Arte della
Lana, dissono a Filippo tutte le difficultà, da la maggiore a la minore, che
facevano i maestri, i quali erano in sua presenza nella udienza insieme con
loro, per il che Filippo disse queste parole: "Signori Operai, e' non è dubbio