Page 387 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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iurisconsulto, ha un quadro di Nostra Donna di marmo, di mano dello
stesso Donatello. Del quale chi volesse pienamente raccontare la vita,
l'opere che fece, sarebbe troppo più lunga storia che non è di nostra
intenzione nello scrivere le Vite de' nostri artefici; perciò che, non che nelle

cose grandi delle quali si è detto a bastanza, ma ancora a menomissime
cose dell'arte pose la mano, facendo arme di casate ne' camini e nelle
facciate delle case de' cittadini, come si può vederne una bellissima, nella
casa [de' Sommai] che è dirimpetto al fornaio della Vacca. Fece anco, per

la famiglia de' Martelli, una cassa a uso di zana fatta di vimini, perché
servisse per sepoltura; ma è sotto la chiesa di San Lorenzo, perché di sopra
non appariscono sepolture di nessuna sorte, se non l'epitaffio di quella di
Cosimo de' Medici, che nondimeno ha la sua apritura di sotto come l'altre.

Dicesi che Simone, fratello di Donato, avendo lavorato il modello della
sepoltura di papa Martino Quinto, mandò per Donato, che la vedesse inanzi
che la gettasse. Onde, andando Donato a Roma, vi si trovò appunto
quando vi era Gismondo imperatore per ricevere la corona da papa

Eugenio Quarto; per che fu forzato, in compagnia di Simone, adoperarsi in
fare l'onoratissimo apparato di quella festa, nel che si acquistò fama et
onore grandissimo. Nella guardaroba ancora del signor Guidobaldo, duca
d'Urbino, è di mano del medesimo una testa di marmo bellissima, e si

stima che fusse data agli antecessori di detto duca dal Magnifico Giuliano
de' Medici, quando si tratteneva in quella corte piena di virtuosissimi
signori. Insomma Donato fu tale e tanto mirabile in ogni azzione, che e' si
può dire che in pratica, in giudizio et in sapere, sia stato de' primi a

illustrare l'arte della scultura e del buon disegno ne' moderni; e tanto più
merita commendazione, quanto nel tempo suo le antichità non erano
scoperte sopra la terra, dalle colonne, i pili e gli archi trionfali in fuora. Et
egli fu potissima cagione che a Cosimo de' Medici si destasse la volontà

dell'introdurre a Fiorenza le antichità, che sono et erano in casa Medici, le
quali tutte di sua mano acconciò. Era liberalissimo, amorevole e cortese, e
per gl'amici migliore che per sé medesimo; né mai stimò danari, tenendo
quegli in una sporta con una fune al palco appiccati, onde ogni suo

lavorante et amico pigliava il suo bisogno, senza dirgli nulla. Passò la
vecchiezza allegrissimamente, e venuto in decrepità, ebbe ad essere
soccorso da Cosimo e da altri amici suoi, non potendo più lavorare. Dicesi
che venendo Cosimo a morte lo lasciò raccomandato a Piero suo figliuolo, il

quale, come diligentissimo esecutore della volontà di suo padre, gli donò
un podere in Cafaggiuolo, di tanta rendita che e' ne poteva vivere
comodamente. Di che fece Donato festa grandissima, parendoli essere con
questo più che sicuro di non avere a morir di fame. Ma non lo tenne però

un anno, che ritornato a Piero, glielo rinunziò per contratto publico,
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