Page 572 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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incassata, la dirizzò al Francia, che come amico gliela dovesse porre in
sull'altare di quella cappella, con l'ornamento come l'aveva esso
acconciato. Il che ebbe molto caro il Francia, per aver agio di veder, sì
come avea tanto disiderato, l'opere di Raffaello. Et avendo aperta la lettera

che gli scriveva Raffaello, dove e' lo pregava se ci fusse nessun graffio che
e' l'acconciase e similmente conoscendoci alcuno errore come amico lo
correggesse, fece con allegrezza grandissima ad un buon lume trarre della
cassa la detta tavola. Ma tanto fu lo stupore che e' ne ebbe e tanto grande

la maraviglia, che conoscendo qui lo error suo e la stolta presunzione della
folle credenza sua, si accorò di dolore e fra brevissimo tempo se ne morì.
Era la tavola di Raffaello divina, e non dipinta ma viva, e talmente ben
fatta e colorita da lui, che fra le belle che egli dipinse mentre visse, ancora

che tutte siano miracolose, ben poteva chiamarsi rara. Laonde il Francia
mezzo morto per il terrore e per la bellezza della pittura che era presente
agl'occhi, et a paragone di quelle che intorno di sua mano si vedevano,
tutto smarrito la fece con diligenzia porre in S. Giovanni in Monte, a quella

cappella dove doveva stare, et entratosene fra pochi dì nel letto, tutto fuori
di se stesso, parendoli esser rimasto quasi nulla nell'arte appetto a quello
che egli credeva e che egli era tenuto, di dolore e malinconia, come alcuni
credono, si morì essendoli advenuto, nel troppo fisamente contemplare la

vivissima pittura di Raffaello, quello che al Fivizano nel vagheggiare la sua
bella Morte, de la quale è scritto questo epigramma:



Me veram pictor divinus mentre recepit.
Admota est operi, deinde perita manus.

Dumque opere in facto defigit lumina pictor

intentus nimium, palluit et moritur.

Viva igitur sum mors; non mortua mortis imago

si fungor quo mors fungitur officio.


Tuttavolta dicono alcuni altri che la morte sua fu sì subita, che a molti
segni apparì più tosto veleno o giocciola che altro. Fu il Francia uomo savio

e regolatissimo del vivere e di buone forze. E morto, fu sepolto
onoratamente dai suoi figliuoli in Bologna, l'anno MDXVIII.


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