Page 727 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 727





apparati molti segreti della pittura, vedendo solamente alcuna fiata a cotali
pittori idioti fare le mestiche et adoperare i pennelli, da se stesso guidato e
dalla mano della natura, si pose arditamente a colorire, pigliando una assai
vaga maniera e molto simile a quella del nuovo Apelle suo compatriota,

ancor che di mano di lui non avesse veduto se non alcune poche cose in
Bologna. E così avendo assai felicemente, secondo che il suo buono
ingegno e giudizio lo guidava, lavorato alcune cose in tavole et in muro, e
parendogli che tutto a comparazione degl'altri pittori gli fosse molto bene

riuscito, seguitò animosamente gli studi della pittura per sì fatto modo, che
in processo di tempo si trovò aver fermato il piede nell'arte e con buona
openione dell'universale in grandissima aspettazione. Tornato dunque alla
patria, già uomo di ventisei anni, vi si fermò per alquanti mesi dando

bonissimo saggio del saper suo; perciò che fece la prima tavola della
Madonna nel Duomo, dentrovi, oltre la Vergine, San Crescenzio e San
Vitale, all'altare di Santa Croce, dove è un Angeletto sedente in terra, che
suona la viola con grazia veramente angelica e con semplicità fanciullesca,

condotta con arte e giudizio. Appresso dipinse un'altra tavola per l'altare
maggiore della chiesa della Trinità, con una Santa Apollonia a man sinistra
del detto altare. Per queste opere et alcune altre, delle quali non accade
far menzione, spargendosi la fama et il nome di Timoteo, egli fu da

Raffaello con molta instanza chiamato a Roma; dove andato di bonissima
voglia, fu ricevuto con quella amorevolezza et umanità, che fu non meno
propria di Raffaello, che si fusse l'eccellenza dell'arte. Lavorando dunque
con Raffaello, in poco più d'un anno fece grande acquisto, non solamente

nell'arte, ma ancora nella robba; perciò che in detto tempo rimise a casa
buone somme di danari. Lavorò col maestro nella chiesa della Pace le
Sibille di sua mano et invenzione, che sono nelle lunette a man destra,
tanto stimate da tutti i pittori; il che affermano alcuni che ancora si

ricordano averle veduto lavorare, e ne fanno fede i cartoni che ancor si
ritruovano appresso i suoi successori. Parimente da sua posta fece poi il
cataletto e dentrovi il corpo morto con l'altre cose che gli sono intorno
tanto lodate, nella scuola di Santa Caterina da Siena; et ancora che alcuni

sanesi, troppo amatori della lor patria, attribuischino queste opere ad altri,
facilmente si conosce ch'elleno sono fattura di Timoteo, così per la grazia e
dolcezza del colorito, come per altre memorie lasciate da lui in quel
nobilissimo studio d'eccellentissimi pittori. Ora, benché Timoteo stesse

bene et onoratamente in Roma, non potendo, come molti fanno,
sopportare la lontananza della patria, essendovi anco chiamato ogni ora e
tiratovi dagl'avisi degl'amici e dai preghi della madre già vecchia, se ne
tornò a Urbino, con dispiacere di Raffaello, che molto per le sue buone

qualità l'amava. Né molto dopo, avendo Timoteo a persuasione de' suoi
   722   723   724   725   726   727   728   729   730   731   732